Valdo da Lione

Valdo, proveniente dalla provincia, si era stabilito a Lione; l'essersi qui fatta un’importante posizione – tanto da essere divenuto uno dei notabili della città - e l’aver già qui acquisito la notorietà che lo ha reso un personaggio storico di tale rilevanza, giustifica pertanto il suo nome di Valdo di Lione.

Valdo di Lione era così un ricco mercante, che a metà della sua vita (nel 1174 circa), conosciuto l'episodio evangelico del «giovane ricco» (Mc 10,17 – 31), decise di applicarlo: donò ai bisognosi i suoi beni, e poi decise di vivere con loro, povero tra i poveri: i cristiani che lo seguirono furono perciò chiamati Poveri di Lione.

Riguardo all'uso di premettere a Valdo anche il nome di Pietro, occorre ricordare che tale prenome apparve per la prima volta nel valdese «Liber electorum» (1340 circa), un testo che intende ricostruire la storia del Cristianesimo, attribuendo a Valdo il ruolo di rifondatore della comunità cristiana: «Pietro Valdo» dunque in quanto Valdo si rifà al cristianesimo originario e all'originale messaggio di Gesù.

L'inquisitore domenicano Stefano di Borbone, nel suo trattato «Sui sette doni dello Spirito Santo», databile verso il 1250, scrive che il ricco mercante Valdo avrebbe incaricato il prete Stefano d'Anse, dietro compenso di un forno di sua proprietà, di tradurre dal latino in volgare un'ampia scelta di libri della Bibbia, assumendo come copista il giovane Bernardo Ydros.

Il Terzo Concilio ecumenico lateranense si aprì a Roma il 5 marzo 1179. Sono presenti anche Valdo e alcuni seguaci per chiedere il permesso di predicare. Attesta Walter Map nel suo De nugis curialium, scritto circa dieci anni dopo l'episodio, che i cristiani valdesi presenti al concilio «presentarono al signor papa un libro scritto in lingua gallica in cui erano contenuti il testo e la glossa del Salterio e di molti altri libri dei due Testamenti.»

La Bibbia tradotta in francese non sollevò censure nel Concilio, e il pontefice Alessandro III dimostrò apprezzamento per il loro vivere in maniera povera e conforme al dettato evangelico, ma non fu disposto a riconoscere la loro richiesta di essere predicatori della Parola. Valdo tuttavia, insieme ai suoi seguaci, continuò a diffondere l'insegnamento cristiano nonostante il divieto papale.

La predicazione da parte dei laici e delle donne e la lettura individuale della Bibbia erano aspetti considerati inaccettabili dalla Chiesa romana, consapevole del fatto che ammettere tale innovazione avrebbe significato dare il via ad un processo di trasformazione dagli esiti imprevedibili qualora la lettura e interpretazione dei testi sacri fosse permessa anche a fedeli non appartenenti al clero. Tutto questo era stato ben compreso da Walter Map, rappresentante di re Enrico II Plantageneto al concilio lateranense del 1179, che a proposito dei valdesi aveva scritto:

«Costoro mai hanno dimore stabili, se ne vanno due a due a piedi nudi, vestiti di lana, nulla possedendo, ma mettendo tutto in comune come gli apostoli, seguendo nudi il Cristo nudo. Iniziano ora in modo umilissimo, perché stentano a muovere il piede; ma qualora li ammettessimo, ne saremmo cacciati.»

L'anno successivo alla conclusione del Concilio lateranense, il legato pontificio Enrico di Marcy presiede un Sinodo provinciale nella cattedrale di Saint-Jean-et-Saint-Étienne a Lione. L'intento del legato pontificio è quello di far riaffermare a Valdo l'ortodossia cattolica, ma un ministero itinerante di predicazione era invece l'essenziale obiettivo di Valdo.

Enrico di Marcy presentò a Valdo il documento "Professione di fede"; l'ultima parte della Professio era composta del Propositum: «E poiché la fede, secondo l'apostolo Giacomo, senza le opere è morta, abbiamo rinunciato al mondo e quel che noi avevamo, come ci è stato consigliato dal Signore, l'abbiamo distribuito ai poveri, decidendo di essere poveri»

Il movimento cristiano di Valdo continuò nella predicazione e fra loro si videro predicare anche le donne.

Stefano di Borbone riferisce del divieto di predicazione intimato nel palazzo arcivescovile di Lione a Valdo, che rifiutò, vantando il dovere di obbedire a Dio prima che agli uomini.

Nel 1184 a Verona, con la bolla Ad abolendam, papa Lucio III scomunicò una serie di movimenti ritenuti ereticali anche molto diversi tra loro, tra cui i poveri di Lione, i valdesi. La motivazione per tale scomunica rimase la "presunzione" dei valdesi a voler predicare in pubblico. Nonostante la condanna papale, comunque, il movimento cristiano valdese continuò la sua espansione verso il Mezzogiorno di Francia e l'Italia (Piemonte, Lombardia, Puglia e Calabria), giungendo anche in alcune regioni della Germania, in Svizzera, e persino in Austria, Spagna, Ungheria, Polonia e Boemia.

La comunità aveva diaconi, presbiteri e vescovi e preparava i futuri predicatori in apposite scuole. Studiavano a memoria interi Vangeli e altre parti della Bibbia che Valdo aveva fatto tradurre in lingue popolari.

Secondo Valdo i predicatori non dovevano lavorare ma vivere in povertà delle offerte degli amici per non essere corrotti dalla brama di ricchezze.

Quando i lombardi si scelsero un capo a vita nella persona del piacentino Giovanni da Ronco detto «il Buono», Valdo obiettò che l'unico preposto doveva rimanere Gesù Cristo. Non san Paolo, né “padri della chiesa” e nessun altro che s'attribuiva autorità. Valdo temeva che questo fosse il primo passo per costituirsi come contro-chiesa: egli infatti aveva voluto creare una fraternità religiosa di predicatori che si impegnavano a supplire alle carenze del clero nella predicazione e nella cura d'anime, ma non dovevano sostituirsi ad esso. Valdo voleva rimanere nella Chiesa romana e lavorarvi, anche se scomunicato. Valdo amava fraternamente la Chiesa cattolica, anche se essa lo perseguitava.

Valdo scomparve verso il 1206 (F. M. Bartos, Nove saggi di storia boema): «disparve senza chiasso come tanti suoi compagni dai quali non aveva mai pensato di distinguersi... umile discepolo di Gesù Cristo come volle essere e restare fino alla morte.»

Cristiani valdesi

I cristiani valdesi furono dunque perseguitati dai poteri religiosi.

Una sorte leggermente migliore toccò a Bernardo Primo e ai suoi seguaci, che furono riconosciuti nel 1210 dalla Chiesa con il nome di Poveri Riconciliati: essi riuscirono a inserire nel loro proposito il supremo magistero di Cristo e il mandato apostolico di predicare per la salvezza del popolo di Dio.

I valdesi sono anteriori alla Riforma: essi vennero prima dei protestanti. I valdesi furono duramente perseguitati anche nei secoli successivi ma, a differenza dei catari, l'Inquisizione non riuscirà mai a spegnere il focolaio valdese nonostante la durissima repressione. Vivendo nella clandestinità, e spesso riuscendo a nascondersi in zone eccentriche, il movimento valdese riuscirà ad arrivare al XVI secolo e ad aderire alla Riforma protestante calvinista nel 1532 col sinodo di Chanforan, segnando una svolta decisiva per il futuro della comunità. Nel «Trattato sulla tolleranza» (trad. di Glauca Michelini, Giunti), persino Voltaire, passato alla storia come pensatore anticristiano per antonomasia, tanto da arrivare a sostenere che «ogni uomo sensato, ogni uomo dabbene, deve avere orrore per la setta cristiana», descrive una persecuzione di cui i cristiani valdesi furono vittime nell'aprile del 1545:

«Poco tempo prima della morte di Francesco I alcuni membri del Parlamento di Provenza, sobillati da alcuni ecclesiastici contro gli abitanti di Mérindol e di Cabrières, chiesero al re dei soldati per appoggiare l'esecuzione di diciannove persone di questi paesi, da loro condannate: invece ne fecero sgozzare 6000, senza risparmiare né donne, né vecchi, né bambini; ridussero in cenere trenta villaggi. Queste popolazioni, fino allora sconosciute, avevano il torto, senza dubbio, di essere valdesi: era questa la loro unica malvagità. Da trecento anni vivevano in deserti e montagne che avevano reso fertili con un lavoro incredibile. La loro vita pastorale e tranquilla ricordava l'innocenza attribuita alle prime età del mondo. Le città vicine non erano conosciute da loro che per i prodotti che vi andavano a vendere; ignoravano i processi e la guerra. Non si difesero: furono sgozzati come degli animali in fuga, che si spingono in un recinto e si uccidono.»

Nel 1561 venne firmata la Pace di Cavour, primo esempio di libertà religiosa nell'Europa moderna. In realtà il valdismo poteva essere confessato solo nelle zone di montagna, al di sopra dei 700 m (!). Persecuzioni vengono scatenate in Puglia e soprattutto in Calabria, dove dalla fine di maggio al giugno 1561 un migliaio di Valdesi sono massacrati dalle truppe del Regno di Napoli con l'appoggio dell'Inquisizione di Roma.

Nel 1655 si perpetrano i massacri delle Pasque piemontesi. Nel 1685, in seguito alla revoca dell'editto di Nantes, il duca di Savoia Vittorio Amedeo II sostiene la persecuzione dei valdesi e la repressione si trasforma in una vera "caccia al valdese" fin nelle valli interne del Pinerolese e della Val Pellice a sud di Torino.

Nel 1848 con le Lettere Patenti di Carlo Alberto vengono riconosciuti i diritti civili e politici dei valdesi. Nel 1850 si sviluppa il sistema delle scuole alpine di borgata a opera del colonnello inglese Charles Beckwith. Gli antropologi chiamano «paradosso alpino» il fenomeno secondo il quale il livello di istruzione e di apertura culturale di una comunità aumenta proporzionalmente alla quota. Lo stereotipo della comunità alpina come una realtà chiusa e impermeabile è contraddetta da realtà come quella valdese, che alla fine del XIX secolo presentava una percentuale di analfabeti trascurabile e vantava contatti con le élite culturali di mezza Europa.

Dopo molti secoli di dure persecuzioni, i valdesi hanno acquistato la libertà legale nel 1848, sotto Carlo Alberto. Da allora la Chiesa Valdese si è sviluppata e diffusa attraverso la penisola italiana. Durante l'occupazione nazista dell'Italia settentrionale nella seconda guerra mondiale, i valdesi italiani erano attivi nel portare la salvezza agli ebrei che sarebbero stati minacciati dallo sterminio imminente, nascondendo molti di loro nella stessa Val Pellice, territorio in cui gli antenati valdesi trovarono rifugio.

Nel 1979 si sigla il patto di integrazione tra metodisti e valdesi in un'unica comunità confessionale.

I valdesi si sono sempre impegnati per favorire la piena laicità dello stato.
La chiesa valdese si è pronunciata come contraria all'esposizione del crocefisso, e più in generale di ogni simbolo religioso, in luoghi pubblici.
Per quanto riguarda i «temi etici», i valdesi hanno sempre favorito il dibattito su temi quali omosessualità, aborto, testamento biologico ed eutanasia.

La Commissione Bioetica della Tavola Valdese si è espressa in maniera articolata sia sull'aborto sia sull'eutanasia, con posizioni che sostanzialmente si possono riassumere nell'affermazione della centralità della responsabilità personale in queste delicate decisioni. La Chiesa Valdese è anche impegnata nella diffusione del testamento biologico, i cui registri in molte città sono gestiti dalle comunità valdesi.

Durante il sinodo del 2010, si è espressa a favore della ricerca sulle cellule staminali.

I cristiani valdesi si sono dimostrati aperti e illuminati sul tema dell'omosessualità; il 26 agosto 2010 il Sinodo valdese ha votato un ordine del giorno che consente la benedizione delle coppie dello stesso sesso.
La Chiesa Valdese, inoltre, si impegna attivamente nella lotta all'omofobia (Atto del Sinodo Valdese 2007:
http://www.chiesavaldese.org/pages/sinodo/sinodo2007/atti_si07.php#omofobia) e nel supporto alla comunità LGBT.
Una piccola parte di cristiani si è allontanata dalla Chiesa e ha fondato un sito valdese non ufficiale da cui viene diffuso odio nei confronti della popolazione omosessuale e che è stato oggetto di deplorazione da parte del Sinodo 2011.

Il dibattito sul tema dell'omosessualità avviene anche tramite la R.E.F.O. Rete Evangelica Fede e Omosessualità e l'Associazione «Fiumi d'acqua viva» Evangelici su Fede e Omosessualità .

Nell'esegesi biblica, la Chiesa valdese rifiuta l'approccio fondamentalista: anche i testi vetero- o neotestamentari che condannano gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso, come tutti gli altri passi biblici, vengono contestualizzati e relativizzati nell'ambiente storico e sociale in cui furono scritti.

L'organo di stampa ufficiale è il settimanale «Riforma».

Ogni anno nell'ultima settimana di agosto, i deputati delle chiese locali ed i pastori si riuniscono a Torre Pellice, per dare luogo al Sinodo Valdese, massimo momento assembleare e decisionale nella vita delle chiese.

http://it.wikipedia.org/wiki/Valdismo

http://it.wikipedia.org/wiki/Valdo_di_Lione

Unione delle chiese metodiste e valdesi

http://chiesavaldesemetodistapadova.wordpress.com/storia/

Nel 1979 è venuto a compimento un lungo processo di integrazione con le chiese metodiste che sono in Italia.

Il Metodismo è una delle più importanti realtà evangeliche. La minoranza valdese unita alla metodista è la più antica e la più autorevole nel panorama evangelico italiano.

Un gruppo di studenti dell’Università di Oxford decise di riunirsi per studiare la Scrittura, pregare, assistere i poveri, gli infermi e i carcerati. Il cenacolo religioso, guidato dai fratelli John (1703-91) e Charles Wesley (1708-88), divenne noto come Holy Club e i suoi aderenti furono soprannominati «metodisti» a motivo dell’organizzazione metodica della loro giornata.

I fratelli Wesley dedicarono tutte le loro energie ad un’instancabile attività di evangelizzazione della popolazione che non frequentava alcuna chiesa. John Wesley iniziò a predicare all’aperto, sulle piazze e per le strade e la sua predicazione, unitamente a quella di altri ministri che seguirono il suo esempio, portò alla conversione di un numero sempre maggiore di persone. Wesley si preoccupò fin dall’inizio di organizzare i nuovi convertiti in una rete di «società» e «classi» (ecclesiolae in ecclesia).

Ben presto alle «classi» si affiancarono scuole per adulti e ragazzi, consultori medici gratuiti per i poveri, inaugurando quell’unione tra predicazione e azione sociale che diverrà una delle caratteristiche del metodismo.

La stessa predicazione fu affidata anche a «predicatori locali», persone devote e preparate che durante la settimana svolgevano una normale attività lavorativa e alla domenica avevano la responsabilità del culto. Inoltre, questo incarico venne esteso anche alle donne.

Il metodismo non ha posto l’accento né sulle dottrine né sul culto, ma sulla vita pratica e sulle esperienze religiose: la prima, essenziale, è la conversione («nuova nascita»). Come Wesley la sera del 24 maggio 1738, ogni credente deve conoscere una profonda crisi, nella quale si rende conto della gravità dei suoi peccati, e nello stesso tempo sente con assoluta certezza che Dio lo perdona e lo salva. Con la conversione inizia un lungo processo di trasformazione spirituale: la santificazione. Il convertito cresce in amore e pietà fino a giungere al vero amore di Dio e del prossimo.

Il cristianesimo metodista si è diffuso in tutto il mondo. I membri comunicanti sono oltre 25 milioni e la popolazione complessiva supera i 50, di cui circa la metà negli Stati Uniti. A questa cifra vanno aggiunti alcuni milioni di cristiani metodisti che in varie parti del mondo sono entrati a far parte di «chiese unite».

Le tradizioni delle due chiese metodiste e valdesi sono state combinate in modo da salvaguardare le rispettive identità, ma la vita ecclesiastica è integrata a tutti i livelli: esiste un unico corpo pastorale, un unico Sinodo e la Tavola Valdese è composta da cinque valdesi e due metodisti e la base teologica del Patto d’integrazione (1975) è la cosiddetta Confessione di fede valdese del 1655.

La chiesa dei cristiani valdesi e metodisti è molto impegnata sul fronte ecumenico internazionale.

La chiesa evangelica valdese raccoglie il 10% del protestantesimo italiano, ma ne costituisce la parte più «visibile» ed egemonica sul piano teologico e culturale.

Notevole l'impegno sociale e culturale: la Facoltà valdese di Teologia (Roma), oggi al centro di una vasta rete di rapporti ecumenici, la casa editrice Claudiana (Torino), il settimanale Riforma, dal 1993 organo comune delle chiese battiste, metodiste e valdesi, il Centro culturale valdese di Torre Pellice, la Società di studi valdesi, il Centro ecumenico di Agape (Prali, nelle Valli valdesi); ma esistono numerose altre iniziative, tra cui segnaliamo il Collegio Valdese (liceo) di Torre Pellice oltre a case di riposo, centri di accoglienza, eccetera.

La salvezza per grazia mediante la fede

Il Dio libero, che si rivolge liberamente agli esseri umani, crea con loro un rapporto diretto e di coscienza che non ha bisogno di mediazioni sacerdotali. Nel protestantesimo non esistono pertanto sacerdoti; la comunità dei credenti riconosce e valorizza al suo interno diversi carismi e ministeri (pastorato o ministero della parola, diaconato, insegnamento ...).

La Bibbia come unica fonte di autorità

Dio non ha parlato per mezzo della natura o della ragione, ma per mezzo dei suoi profeti e, in modo unico, in Gesù Cristo. La Bibbia è perciò il fondamento primo della fede e della vita cristiana.

Un'etica fondata sulla responsabilità e la libertà

Gesù Cristo non ha insegnato una nuova legge che sostituisca l'antica, cioè nuove regole o precetti, ma chiama uomini e donne a una libertà che si esercita nella responsabilità: per sé e per il prossimo, per la società e per il creato.

Una chiesa come assemblea di credenti

La chiesa è la società di coloro che in Cristo sono stati chiamati a una nuova vita. Essa è un'assemblea di eguali, nella quale l'Evangelo viene annunciato e i sacramenti correttamente amministrati. Non ha una sua forma necessaria, o fissa, non ha gerarchie, ma si amministra da sola sul piano locale, regionale e mondiale, senza ingerenza del potere politico e senza esercitare, da parte sua, alcun potere.

Valdesi e Protestanti

Le «chiese valdesi» fanno parte della grande famiglia protestante (o evangelica) e confessano una fede comune, nell'essenziale con le altre confessioni cristiane, la cattolica romana e la ortodossa.

Il «protestantesimo» vive e confessa la fede cristiana attenendosi all'essenziale, sotto il controllo costante della Bibbia e del suo messaggio. Il protestantesimo storicamene è nato nel Cinquecento come risposta a un forte appello, rivolto all'intera chiesa cristiana, a tornare alla purezza e alla coerenza evangelica “riformandosi” ed eliminando abusi ed errori.

Su questo invito a riformarsi, la chiesa del tempo si divise. Attorno a teologi e monaci come Lutero, Zwingli, Calvino e altri, molti si raccolsero per realizzare riforme locali, in attesa e nella speranza di un rinnovamento spirituale, sociale ed ecclesiastico che abbracciasse l'intera cristianità. Nacquero così, soprattutto nell'Europa del centro e del nord, diverse chiese protestanti e cioè «luterane», «riformate», «anglicana», cui si aggiunsero più tardi «battisti» e «metodisti».

In altri paesi la Riforma protestante fu soppressa con la forza. La cristianità europea nel suo complesso rimase spaccata in due e la linea di separazione fra l'Europa cattolica e quella protestante fu spesso segnata da una frontiera di sangue.

È stato solo in epoca recente che le chiese hanno imparato a riconoscersi in una comune fede cristiana, anche se le divisioni permangono tutt'oggi.

I protestanti tengono comunque a sottolineare con forza la loro dimensione insieme cristiana ed ecumenica, e la loro specifica vocazione di chiesa che, aperta al dialogo e alla collaborazione con le altre chiese, mantiene fermo il suo riferimento biblico centrale e la sua struttura di «chiesa democratica» senza mediazioni né gerarchie.