CHIESA CRISTIANA VALDESE

  Un po' di storia

Valdo da Lione

Cristiani valdesi

Temi etici

Unione delle chiese metodiste e valdesi

Valdo da Lione

Valdo, proveniente dalla provincia, si era stabilito a Lione; l'essersi qui fatta un’importante posizione – tanto da essere divenuto uno dei notabili della città - e l’aver già qui acquisito la notorietà che lo ha reso un personaggio storico di tale rilevanza, giustifica pertanto il suo nome di Valdo di Lione.

Secondo alcune fonti, Valdo di Lione era un ricco mercante, e in ogni caso era un laico che, leggendo direttamente la bibbia, a metà della sua vita (nel 1174 circa), conosciuto l'episodio evangelico del «giovane ricco» (Mc 10,17 – 31), decise di applicarlo: donò ai bisognosi i suoi beni, e poi decise di vivere con loro, povero tra i poveri: i cristiani che lo seguirono furono perciò chiamati Poveri di Lione. Valdo univa insieme la caratteristica della povertà e l'impegno della predicazione: come a significare che soltanto con l'esempio vi fosse legittima predicazione, che soltanto una predicazione condotta in povertà fosse vera predicazione.

Riguardo all'uso di premettere a Valdo anche il nome di Pietro, occorre ricordare che tale prenome apparve per la prima volta nel valdese «Liber electorum» (1340 circa), un testo che intende ricostruire la storia del Cristianesimo, attribuendo a Valdo il ruolo di rifondatore della comunità cristiana: «Pietro Valdo» dunque in quanto Valdo si rifà al cristianesimo originario e all'originale messaggio di Gesù.

L'inquisitore domenicano Stefano di Borbone, nel suo trattato «Sui sette doni dello Spirito Santo», databile verso il 1250, scrive che il ricco mercante Valdo avrebbe incaricato il prete Stefano d'Anse, dietro compenso di un forno di sua proprietà, di tradurre dal latino in volgare un'ampia scelta di libri della Bibbia, assumendo come copista il giovane Bernardo Ydros.

Il Terzo Concilio ecumenico lateranense si aprì a Roma il 5 marzo 1179. Sono presenti anche Valdo e alcuni seguaci per chiedere il permesso di predicare. Attesta Walter Map nel suo De nugis curialium, scritto circa dieci anni dopo l'episodio, che i cristiani valdesi presenti al concilio «presentarono al signor papa un libro scritto in lingua gallica in cui erano contenuti il testo e la glossa del Salterio e di molti altri libri dei due Testamenti.»

La Bibbia tradotta in francese non sollevò censure nel Concilio, e il pontefice Alessandro III dimostrò apprezzamento per il loro vivere in maniera povera e conforme al dettato evangelico, ma non fu disposto a riconoscere la loro richiesta di essere predicatori della Parola. Valdo tuttavia, insieme ai suoi seguaci, continuò a diffondere l'insegnamento cristiano nonostante il divieto papale.

La predicazione da parte dei laici e delle donne e la lettura individuale della Bibbia erano aspetti considerati inaccettabili dalla Chiesa romana, consapevole del fatto che ammettere tale innovazione avrebbe significato dare il via ad un processo di trasformazione dagli esiti imprevedibili qualora la lettura e interpretazione dei testi sacri fosse permessa anche a fedeli non appartenenti al clero. Tutto questo era stato ben compreso da Walter Map, rappresentante di re Enrico II Plantageneto al concilio lateranense del 1179, che a proposito dei valdesi aveva scritto:

«Costoro mai hanno dimore stabili, se ne vanno due a due a piedi nudi, vestiti di lana, nulla possedendo, ma mettendo tutto in comune come gli apostoli, seguendo nudi il Cristo nudo. Iniziano ora in modo umilissimo, perché stentano a muovere il piede; ma qualora li ammettessimo, ne saremmo cacciati.»

L'anno successivo alla conclusione del Concilio lateranense, il legato pontificio Enrico di Marcy presiede un Sinodo provinciale nella cattedrale di Saint-Jean-et-Saint-Étienne a Lione. L'intento del legato pontificio è quello di far riaffermare a Valdo l'ortodossia cattolica, ma un ministero itinerante di predicazione era invece l'essenziale obiettivo di Valdo.

Enrico di Marcy presentò a Valdo il documento "Professione di fede"; l'ultima parte della Professio era composta del Propositum: «E poiché la fede, secondo l'apostolo Giacomo, senza le opere è morta, abbiamo rinunciato al mondo e quel che noi avevamo, come ci è stato consigliato dal Signore, l'abbiamo distribuito ai poveri, decidendo di essere poveri»

Il movimento cristiano di Valdo continuò nella predicazione e fra loro si videro predicare anche le donne.

Stefano di Borbone riferisce del divieto di predicazione intimato nel palazzo arcivescovile di Lione a Valdo, che rifiutò, vantando il dovere di obbedire a Dio prima che agli uomini.

Nel 1184 a Verona, con la bolla Ad abolendam, papa Lucio III scomunicò una serie di movimenti ritenuti ereticali anche molto diversi tra loro, tra cui i poveri di Lione, i valdesi. La motivazione per tale scomunica rimase la "presunzione" dei valdesi a voler predicare in pubblico. Nonostante la condanna papale, comunque, il movimento cristiano valdese continuò la sua espansione verso il Mezzogiorno di Francia e l'Italia (Piemonte, Lombardia, Puglia e Calabria), giungendo anche in alcune regioni della Germania, in Svizzera, e persino in Austria, Spagna, Ungheria, Polonia e Boemia.

La comunità aveva diaconi, presbiteri e vescovi e preparava i futuri predicatori in apposite scuole. Studiavano a memoria interi Vangeli e altre parti della Bibbia che Valdo aveva fatto tradurre in lingue popolari.

Secondo Valdo i predicatori non dovevano lavorare ma vivere in povertà delle offerte degli amici per non essere corrotti dalla brama di ricchezze.

Quando i lombardi si scelsero un capo a vita nella persona del piacentino Giovanni da Ronco detto «il Buono», Valdo obiettò che l'unico preposto doveva rimanere Gesù Cristo. Non san Paolo, né “padri della chiesa” e nessun altro che s'attribuiva autorità. Valdo temeva che questo fosse il primo passo per costituirsi come contro-chiesa: egli infatti aveva voluto creare una fraternità religiosa di predicatori che si impegnavano a supplire alle carenze del clero nella predicazione e nella cura d'anime, ma non dovevano sostituirsi ad esso. Valdo voleva rimanere nella Chiesa romana e lavorarvi, anche se scomunicato. Valdo amava fraternamente la Chiesa cattolica, anche se essa lo perseguitava.

Valdo scomparve verso il 1206 (F. M. Bartos, Nove saggi di storia boema): «disparve senza chiasso come tanti suoi compagni dai quali non aveva mai pensato di distinguersi... umile discepolo di Gesù Cristo come volle essere e restare fino alla morte.»

http://it.wikipedia.org/wiki/Valdo_di_Lione


Cristiani valdesi

I cristiani valdesi furono dunque perseguitati dai poteri religiosi.

Dinanzi al consenso nelle masse popolari ricevuto dai cristiani valdesi, la Chiesa cattolica manifestò odio verso i valdesi, e l'Inquisizione reagì con una dura repressione (gli atti processuali hanno contribuito in larga misura a farci conoscere i cristiani valdesi medievali).

Una sorte leggermente migliore toccò a Bernardo Primo e ai suoi seguaci, che furono riconosciuti nel 1210 dalla Chiesa con il nome di Poveri Riconciliati: essi riuscirono a inserire nel loro proposito il supremo magistero di Cristo e il mandato apostolico di predicare per la salvezza del popolo di Dio. Ma dal 1233 iniziarono i processi dell'Inquisizione contro i valdesi; da lì la Chiesa cattolica passò alla repressione armata. Nel 1487 si verificò contro i valdesi l'ultima crociata medievale italiana. Da essa presero il via ulteriori atti criminali: molti dei valdesi furono catturati e uccisi.

È da precisare che i valdesi sono anteriori alla Riforma - da essa poi sono scaturiti vari movimenti che vanno dall'evangelicalismo e dai pentecostalismi (vi è più di un pentecostalismo e ogni credo pentecostale è lontano e incompatibile con altri pentecostali, a maggior ragione con i movimenti evangelici che hanno evidenziato l'inesistenza della glossolalia e della xenoglossia) ai luterani e agli antitrinitari o unitariani.

I cristiani valdesi furono duramente perseguitati anche nei secoli successivi ma, a differenza dei catari, l'Inquisizione non riuscirà mai a spegnere il focolaio valdese nonostante la durissima repressione. Vivendo nella clandestinità, e spesso riuscendo a nascondersi in zone eccentriche, il movimento valdese riuscirà ad arrivare al XVI secolo e ad aderire alla Riforma protestante calvinista nel 1532 col sinodo di Chanforan, segnando una svolta decisiva per il futuro della comunità e trasformandola in una chiesa riformata fortemente influenzata dal calvinismo. La decisione di aderire a tale recente movimento fu molto travagliata: un decennio di discussioni e una notevole opposizione interna.
I valdesi condividevano e condividono insieme ai protestanti la denuncia di alcuni errori della Chiesa cattolica, quali ad esempio la dottrina del purgatorio, il peccato originale dei neonati, il dogma dell'“assunzione della Vergine” (dimostrazione della fallibilità del papa, il quale non è capo della chiesa né il rappresentante di Cristo in terra), perpetua verginità e immacolata concezione di Maria, ecc. Le eresie della Chiesa cattolica sono state confutate grazie ai valdesi e protestanti. Etimologicamente, «cristiano protestante» vuol dire «colui che testimonia a favore di Cristo». E i valdesi abbracciarono una confessione di fede tipica delle chiese riformate. Vennero costruiti templi e vennero formati “pastori” preparati accademicamente.

Nel «Trattato sulla tolleranza» (trad. di Glauca Michelini, Giunti), persino Voltaire, passato alla storia come pensatore anticristiano per antonomasia, tanto da arrivare a sostenere che «ogni uomo sensato, ogni uomo dabbene, deve avere orrore per la setta cristiana», descrive una persecuzione di cui i cristiani valdesi furono vittime nell'aprile del 1545:

«Poco tempo prima della morte di Francesco I alcuni membri del Parlamento di Provenza, sobillati da alcuni ecclesiastici contro gli abitanti di Mérindol e di Cabrières, chiesero al re dei soldati per appoggiare l'esecuzione di diciannove persone di questi paesi, da loro condannate: invece ne fecero sgozzare 6000, senza risparmiare né donne, né vecchi, né bambini; ridussero in cenere trenta villaggi. Queste popolazioni, fino allora sconosciute, avevano il torto, senza dubbio, di essere valdesi: era questa la loro unica malvagità. Da trecento anni vivevano in deserti e montagne che avevano reso fertili con un lavoro incredibile. La loro vita pastorale e tranquilla ricordava l'innocenza attribuita alle prime età del mondo. Le città vicine non erano conosciute da loro che per i prodotti che vi andavano a vendere; ignoravano i processi e la guerra. Non si difesero: furono sgozzati come degli animali in fuga, che si spingono in un recinto e si uccidono.»

Nel 1560-61 Emanuele Filiberto di Savoia tentò d'imporre la restaurazione religiosa nelle valli valdesi del Piemonte, ma il fallimento di questo tentativo militare portò il governo piemontese nel 1561 ad un compromesso, la cosiddetta “Pace di Cavour”: i valdesi avevano libertà di culto all'interno dei confini di una dozzina di comuni. Più che esempio di libertà religiosa nell'Europa moderna, fu esempio di “ghetto alpino”: in realtà il cristianesimo valdese poteva essere confessato solo in certe zone di montagna, al di sopra dei 700 m (!). Persecuzioni furono scatenate in Puglia e soprattutto in Calabria (per approfondimenti, su Google: Strage dei Valdesi di Calabria), dove dalla fine di maggio al giugno 1561 circa mille Valdesi furono trucidati dalle truppe del Regno di Napoli per opera del domenicano Malvicino mandato dall'Inquisizione di Roma. L'inquisitore Malvicino, consulente del Sant'Uffizio, d'intesa col cardinale Michele Ghislieri (che usò le truppe spagnole come braccio secolare, e poi fatto papa e santo dalla Chiesa cattolica) nel novembre 1560 già aveva emanato per conto di «sacrosanta romana ecclesia» una direttiva per la repressione degli eretici. Il 9 febbraio 1561 il Sant'Uffizio emanava un decreto repressivo contro i valdesi, già richiesto in novembre dal Malvicino, convinto che la questione valdese potesse essere risolta solo «con l'esterminio».

Nel 1655, dietro ispirazione della congregazione cattolica De propaganda fide (voluta da papa Gregorio XV), vengono perpetrati gli indicibili massacri delle “Pasque piemontesi” o “Primavera di sangue”.
Come anche ha osservato Marina Benedetti (docente universitaria specialista di Valdesi medievali e storia dell'Inquisizione), gli atti efferati e sanguinosi perpetrati dalla Chiesa cattolica avevano l'obiettivo di massacrare la comunità cristiana valdese; e le scuse presentate da papa Francesco nel 2015 nel Tempio valdese di Torino sono un primo passo verso un sincero riconoscimento di colpe: «Da parte della Chiesa cattolica vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani, che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi.»
(www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/22/papa-francesco-ai-valdesi-perdonateci-per-le-violenze-commesse-contro-di-voi/1801878)
Nel 1685, in seguito alla revoca dell'editto di Nantes, il duca di Savoia Vittorio Amedeo II sostiene la persecuzione dei valdesi e la repressione si trasforma in una vera "caccia al valdese" fin nelle valli interne del Pinerolese e della Val Pellice a sud di Torino.

Nel 1848 con le Lettere Patenti di Carlo Alberto vengono riconosciuti i diritti civili e politici dei valdesi. Nel 1850 si sviluppa il sistema delle scuole alpine di borgata a opera del colonnello inglese Charles Beckwith. Gli antropologi chiamano «paradosso alpino» il fenomeno secondo il quale il livello di istruzione e di apertura culturale di una comunità aumenta proporzionalmente alla quota. Lo stereotipo della comunità alpina come una realtà chiusa e impermeabile è contraddetta da realtà come quella valdese, che alla fine del XIX secolo presentava una percentuale di analfabeti trascurabile e vantava contatti con le élite culturali di mezza Europa.

Dopo molti secoli di dure persecuzioni, i valdesi hanno acquistato la libertà legale nel 1848, sotto Carlo Alberto. Da allora la Chiesa Valdese si è sviluppata e diffusa attraverso la penisola italiana. Durante l'occupazione nazista dell'Italia settentrionale nella seconda guerra mondiale, i valdesi italiani erano attivi nel portare la salvezza agli ebrei che sarebbero stati minacciati dallo sterminio imminente, nascondendo molti di loro nella stessa Val Pellice, territorio in cui gli antenati valdesi trovarono rifugio.

Nel 1979 si sigla il patto di integrazione tra metodisti e valdesi in un'unica comunità confessionale.


Temi etici

I valdesi si sono sempre impegnati per favorire la piena laicità dello stato.
La chiesa valdese si è pronunciata come contraria all'esposizione del crocefisso, e più in generale di ogni simbolo religioso, in luoghi pubblici.
Per quanto riguarda i «temi etici», i valdesi hanno sempre favorito il dibattito su temi quali omosessualità, aborto, testamento biologico ed eutanasia.

La Commissione Bioetica della Tavola Valdese si è espressa in maniera articolata sia sull'aborto sia sull'eutanasia, con posizioni che sostanzialmente si possono riassumere nell'affermazione della centralità della responsabilità personale in queste delicate decisioni. La Chiesa Valdese è anche impegnata nella diffusione del testamento biologico, i cui registri in molte città sono gestiti dalle comunità valdesi.

Durante il sinodo del 2010, si è espressa a favore della ricerca sulle cellule staminali.

I cristiani valdesi si sono dimostrati aperti e illuminati sul tema dell'omosessualità; l'apripista è stata la chiesa valsese di Trapani e Marsala che il 7 aprile 2010, prima fra tutte le chiese in Italia, ha benedetto una coppia gay; il 26 agosto 2010 il Sinodo valdese ha votato un ordine del giorno che consente la benedizione delle coppie dello stesso sesso.

Alessandro Esposito, pastore della Chiesa valdese, nel prestigioso blog blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/category/alessandro-esposito su MicroMega, ha scritto diversi articoli sull'argomento in uno stile talentuoso ed eloquente, dei quali riportiamo alcuni brevi estratti:

“Diritto è, notoriamente, una parola ignota alle gerarchie ecclesiastiche che, nell’arco della loro storia tutt’altro che irreprensibile, hanno predicato indefessamente obbedienza a un pensiero unico dal quale non è lecito dissentire, persino se nel cattolicesimo e nei suoi ordinamenti morali non ci si riconosce [...]. Ma l’orbe, da molto tempo ormai, si sta sempre più affrancando dalle ristrettezze asfittiche dell’urbe, decretando l’inevitabile fine di un’etica inconsistente perché eteronoma.” (27 giugno 2013, http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/06/27/alessandro-esposito-coppie-gay-il-moralismo-della-chiesa-uccide-il-diritto/)

“Mi domando: possibile che, in totale assenza di senso critico, non sgorghi dalle viscere dei cattolici per lo meno un moto di indignazione? [...] È mai possibile che il cattolicesimo sia ancora succube di queste (inqualificabili) direttive dettate dall’alto? A quando l’uscita da quello che Kant definiva magistralmente come «stato di minorità»?” (22 settembre 2014, http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/09/22/alessandro-esposito-il-moralismo-cattolico-come-istupidimento/)

“Ciò che inevitabilmente atterrisce i porporati ed i loro accoliti, è lo spaesamento che provoca nei loro pavidi cuori il riconoscimento dell’ovvio, per secoli fatto esplicito oggetto d’oppressione, di violenza e di colpevole occultamento. Oggi è risaputo, in ambito scientifico, che la sessualità, ed ancor più la sua percezione soggettiva, sono il prodotto di una concomitanza di fattori estremamente complessi e, in ultima istanza, non enumerabili e men che meno circoscrivibili. [...] La ragione che sta a monte di tanta ritrosia è magistralmente espressa dalla teologa e pastora valdese Letizia Tomassone, che sul numero di maggio della rivista Confronti scrive: «La Chiesa e la teologia sembrano porsi oggi come i difensori di un ordine creazionale che si sta sbriciolando» [...] Di fronte a tale quadro, dunque, viene da domandarsi quale sia, delle due, la posizione ideologica: quella di chi si aggiorna sulla base dei progressi scientifici e culturali, o quella di chi preclude a sé e – quel che è peggio – agli altri la possibilità di riformulare un’etica imbalsamata, entro il cui angusto perimetro l’essere umano e il suo insopprimibile anelito alla libertà sono chiamati a rimanere irrimediabilmente confinati?” (22 maggio 2015, http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/05/22/alessandro-esposito-il-timor-panico-della-chiesa-di-fronte-alla-teoria-gender/)

“Che la sessualità costituisca da sempre l’ossessione monomaniacale del cattolicesimo tradizionale è risaputo. Oggi come oggi il tarlo si concentra sulla specifica realtà dell’omosessualità, trattata, nonostante tutti gli sforzi profusi al fine di camuffare un’atavica discriminazione, alla stregua di un virus in tutto e per tutto simile all’ebola, specie per ciò che concerne presunte caratteristiche di contagio. [...] È l’inveterato costume invalso nelle miopi previsioni effettuate dai totalitarismi: si illudono che l’obbedienza ai diktat sia indefettibile. Ma sottovalutano la coscienza, quest’arma indomita e, in fin dei conti, incontrollabile, questo aspetto dell’animo umano a loro sconosciuto. [...] L’omoaffettività, termine ignoto al tradizionalismo cattolico, è una realtà: affannarsi a volerla presentare come una devianza è uno sforzo vano, oltre che insulso. Il problema, umano prima che psicologico, riguarda questi inflessibili guardiani della morale bigotta, non chi, con lucidità e sentimento, ne manda in frantumi le granitiche certezze, fondate sul pregiudizio e sull’ipocrisia. L’omoaffettività è uno dei diritti fondamentali dell’uomo, poiché rappresenta il diritto inalienabile della persona ad esprimere e a vivere in libertà l’amore, nelle sue distinte eppure indistricabili componenti: reprimerlo è sintomo di profonda ignoranza umana, prima ancora che evangelica. È questione di tempo: sono persuaso che persino oltretevere, sia pure in ritardo e a malincuore, arriveranno a comprenderlo.” (14 novembre 2014, http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/11/14/alessandro-esposito-tu-chiamale-se-vuoi-ossessioni/)

La Chiesa valdese, inoltre, si impegna attivamente nella lotta all'omofobia (Atto del Sinodo Valdese 2007), anche attraverso pubbliche manifestazioni e veglie per le vittime di omofobia, e nel supporto alla comunità LGBT.
In occasione dell'approvazione della legge dell'11 maggio 2016 che in Italia riconosce le coppie gay, Eugenio Bernardini, Moderatore della Tavola valdese, ha dichiarato: «La nostra Chiesa è contenta di avere contribuito a tenere alta l'attenzione su questo tema approvando, già nel 2010, la possibilità di benedire coppie dello stesso sesso appartenenti alle nostre chiese e intenzionate a realizzare un amore profondo e responsabile. Il nostro impegno pastorale prosegue oggi in un nuovo contesto giuridico per sostenere tutte le relazioni familiari e combattere ogni forma di omofobia». Dichiarazione di felicità alla quale si sono accompagnati commenti entusiastici da parte del pastore Raffaele Volpe, Presidente dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI), e del pastore Heiner Bludau, Decano della Chiesa evangelica luterana in Italia (CELI):
Soddisfazione per la nuova legge sulle unioni civili .

Una piccola parte di cristiani si è allontanata dalla Chiesa e ha fondato un sito valdese non ufficiale da cui viene diffuso odio nei confronti della popolazione LGBT e che è stato oggetto di deplorazione da parte del Sinodo 2011.

Nella sua Scheda esegetica sull'omosessualità nell'Antico Testamento, il prof. Daniele Garrone, esperto di Antico Testamento e consulente di Lux Vide e RAI per il progetto “Le storie della Bibbia”, sfata alcune credenze e getta luce sul “movente” che spinse il popolo di Dio a condannare i maschi omosessuali:

«Dal Medio Evo in poi si è diffusa l’idea che il peccato che ha portato alla distruzione di Sodoma (Gen 19) fosse l’omosessualità. Vennero così introdotti i termini di “sodomia” per indicare l’omosessualità maschile e “sodomiti” come termine per i maschi omosessuali. Questa interpretazione comincia già anticamente in ambito ebraico, in alcuni testi “apocrifi”, probabilmente in polemica con la cultura ellenistica (pederastia; esibizione della nudità negli esercizi ginnici ecc.) in cui gli ebrei ora vivono. (...) In due passi in cui il peccato di Sodoma non è semplicemente evocato, ma descritto, non compare alcun richiamo alla “omosessualità”. Ger 23,14 ... Ez 16, 49-50.
(...) È anche chiaro che gli abitanti di Sodoma non sono “gay”, come diciamo oggi, se Lot può pensare che due giovani vergini possano sostituire i suoi due ospiti.
(...) Il problema è questo: fanno così perché sono di orientamento omosessuale? Oppure perché pur essendo, come diremmo noi, eterosessuali vogliono infliggere agli ospiti, anch’essi pensati come tali, quella che sarebbe per loro stessi la più grande umiliazione (= essere ridotti nella posizione che nessun maschio vorrebbe assumere in una società patriarcale)? La storia purtroppo è piena di stupri anche di questo tipo. In altri termini: Gen 19 intende stigmatizzare un tipo di sessualità o condannare la più grande violazione dell’ospitalità, che consiste nel sostituire all’accoglienza sollecita il massimo della violenza? Credo che la risposta esatta sia la seconda. In ogni caso si parla di uno stupro, e non della libera decisione di esseri umani consenzienti o inclini.
(...) In nessuno passo dell’Antico Testamento si menzionano mai rapporti sessuali tra donne. Perché erano tollerati? Perché non avevano a che fare con il ruolo dei maschi, cioè non ne intaccavano la dignità, come invece – ad es. – il veder insidiata la moglie che possedevano o esser ridotti in posizione femminea? »

Il famoso teologo valdese Paolo Ricca su Riforma del 26 gennaio 2007 dava dei chiarimenti a una lettrice che citava le leggi del Levitico contro chi aveva rapporti omosessuali poiché «quello che Dio diceva al suo popolo tremila anni fa, vale anche oggi»:

“molti comportamenti che, un tempo, secondo la morale corrente (condivisa però anche, a torto o a ragione, da tanti cristiani), erano considerati peccati (ad esempio: ballare), oggi non lo sono più, non solo perché i costumi e le mentalità sono cambiate, ma anche perché ci si è resi conto dell'insensatezza di tanti divieti del passato. [...] Tanti peccati semplicemente non erano peccati. [...]
Conosco delle chiese nelle quali è peccato (grave) per una donna mettersi il rossetto (perché nella Bibbia sta scritto che la donna non deve abbellirsi né avere altro ornamento che le buone opere: I Timoteo 2, 9-10); è peccato (grave) portare i pantaloni (perché sta scritto nella Bibbia: «La donna non si vestirà da uomo, né l'uomo si vestirà da donna; poiché chiunque fa tali cose è in abominio all'Eterno; il tuo Dio» - Deuteronomio 22, 5: andatelo a dire agli Scozzesi, con i loro gonnellini!); è peccato (grave) in quelle chiese, sempre per le donne, partecipare al culto senza velo (perché sta scritto nella Bibbia: la donna «si metta un velo» I Corinzi 11, 6). Secondo una certa visione della fede, della Bibbia e della chiesa, questi sono tutti peccati (gravi). Per me non lo sono affatto, e forse neppure per Lei ..., anche se sono inequivocabilmente «fondati» sulla Bibbia.
[...] Un tempo questa parola [peccato - ndr] impressionava, spaventava e sovente angosciava le anime; oggi lascia la stragrande maggioranza dei nostri contemporanei, e forse anche noi, abbastanza tranquilli o indifferenti.
[...] Lei... per rispondere a questa domanda e quindi individuare con chiarezza assoluta che cosa sia peccato si è messa su una china scivolosa: quella di citare un versetto della Bibbia. [...] Lei mi cita Levitico 20,13 e ne deduce, ovviamente, che l'omosessualità è un peccato abominevole. E io Le cito Levitico 24,16: «Chi bestemmia il nome dell'Eterno dovrà essere messo a morte; tutta la radunanza lo dovrà lapidare». Oppure Deuteronornio 21,18-21: «Quando un uomo ha un figlio ribelle che non ubbidisce alla voce né di suo padre né di sua madre (...) tutti gli uomini della sua città lo lapideranno sì che muoia». Che ne dice, lettrice... ? Come la mettiamo con questi peccati e le relative punizioni? Anche qui tutto è chiarissimo, ma Lei non è spaventata da questa chiarezza? Io sì. Ma allora è proprio vero che quello che Dio diceva al suo popolo tremila anni fa «vale anche oggi», come Lei scrive? Che cosa vale e che cosa non vale? Potrei, come Lei sa benissimo, citare molti altri versetti come quelli ora riportati, ma non lo faccio. Ne ho citati due solo per far vedere che la via dei singoli versetti non è percorribile per stabilire che cosa sia veramente peccato. Anzi, è forse proprio percorrendo quella via che, paradossalmente, invece di prendere coscienza di che cosa sia veramente peccato, la si è persa.
[...] Lei mi chiede di dirLe «sinceramente» se l'omosessualità sia peccato, oppure no. Le dirò «sinceramente» che, secondo me non lo è, anche se so benissimo che la Bibbia la considera tale. Ma perché la Bibbia considera l'omosessualità un peccato? Perché gli autori biblici ritenevano che l'omosessualità fosse una scelta. Noi oggi sappiamo quello che gli autori biblici non sapevano e neppure lontanamente supponevano, e cioè che l'omosessualità non è una scelta, ma una condizione.
[...] In secondo luogo, sappiamo tutti che Gesù ha dato due soli comandamenti, che poi in realtà ne costituiscono uno solo: amare Dio con tutto il cuore e amare il prossimo come noi stessi. [...] È peccato anche la mancanza di amore. Chi non ama, pecca. Il peccato è non amare.”

Il dibattito sul tema dell'omosessualità avviene anche tramite la R.E.F.O. Rete Evangelica Fede e Omosessualità e l'Associazione «Fiumi d'acqua viva» Evangelici su Fede e Omosessualità .

Nell'esegesi biblica, la Chiesa valdese rifiuta l'approccio fondamentalista, prendendo atto che diversi peccati e divieti non sono più tali: anche i testi vetero- o neotestamentari in cui gli autori esprimono la condanna (oggi, sappiamo, sbagliata) persino cruenta degli atti sessuali tra persone dello stesso sesso, come tutti gli altri passi biblici, vengono contestualizzati e relativizzati nell'ambiente storico e sociale in cui furono scritti: se così non si operasse, i cristiani fondamentalisti dovrebbero accettare della bibbia tutta una serie di divieti leggi e obblighi (basti pensare a Deuteronomio 13:7-16 o Esodo 21:7-8 o Numeri 15:32-36). Verità e onestà intellettuale invitano a riconoscere le conclusioni della scienza sull'omosessualità.

L'organo di stampa ufficiale è il settimanale «Riforma».

Ogni anno nell'ultima settimana di agosto, i deputati delle chiese locali ed i pastori si riuniscono a Torre Pellice per dare luogo al Sinodo Valdese, massimo momento assembleare e decisionale nella vita delle chiese.

http://it.wikipedia.org/wiki/Valdismo

http://it.wikipedia.org/wiki/Valdo_di_Lione


Unione delle chiese metodiste e valdesi

http://chiesavaldesemetodistapadova.wordpress.com/storia/

Nel 1979 è venuto a compimento un lungo processo di integrazione con le chiese metodiste che sono in Italia.

Il Metodismo è una delle più importanti realtà evangeliche. La minoranza valdese unita alla metodista è la più antica e la più autorevole nel panorama evangelico italiano.

Un gruppo di studenti dell’Università di Oxford decise di riunirsi per studiare la Scrittura, pregare, assistere i poveri, gli infermi e i carcerati. Il cenacolo religioso, guidato dai fratelli John (1703-91) e Charles Wesley (1708-88), divenne noto come Holy Club e i suoi aderenti furono soprannominati «metodisti» a motivo dell’organizzazione metodica della loro giornata.

I fratelli Wesley dedicarono tutte le loro energie ad un’instancabile attività di evangelizzazione della popolazione che non frequentava alcuna chiesa. John Wesley iniziò a predicare all’aperto, sulle piazze e per le strade e la sua predicazione, unitamente a quella di altri ministri che seguirono il suo esempio, portò alla conversione di un numero sempre maggiore di persone. Wesley si preoccupò fin dall’inizio di organizzare i nuovi convertiti in una rete di «società» e «classi» (ecclesiolae in ecclesia).

Ben presto alle «classi» si affiancarono scuole per adulti e ragazzi, consultori medici gratuiti per i poveri, inaugurando quell’unione tra predicazione e azione sociale che diverrà una delle caratteristiche del metodismo.

La stessa predicazione fu affidata anche a «predicatori locali», persone devote e preparate che durante la settimana svolgevano una normale attività lavorativa e alla domenica avevano la responsabilità del culto. Inoltre, questo incarico venne esteso anche alle donne.

Il metodismo non ha posto l’accento né sulle dottrine né sul culto, ma sulla vita pratica e sulle esperienze religiose: la prima, essenziale, è la conversione («nuova nascita»). Come Wesley la sera del 24 maggio 1738, ogni credente deve conoscere una profonda crisi, nella quale si rende conto della gravità dei suoi peccati, e nello stesso tempo sente con assoluta certezza che Dio lo perdona e lo salva. Con la conversione inizia un lungo processo di trasformazione spirituale: la santificazione. Il convertito cresce in amore e pietà fino a giungere al vero amore di Dio e del prossimo.

Il cristianesimo metodista si è diffuso in tutto il mondo. I membri comunicanti sono oltre 25 milioni e la popolazione complessiva supera i 50, di cui circa la metà negli Stati Uniti. A questa cifra vanno aggiunti alcuni milioni di cristiani metodisti che in varie parti del mondo sono entrati a far parte di «chiese unite».

Le tradizioni delle due chiese metodiste e valdesi sono state combinate in modo da salvaguardare le rispettive identità, ma la vita ecclesiastica è integrata a tutti i livelli: esiste un unico corpo pastorale, un unico Sinodo e la Tavola Valdese è composta da cinque valdesi e due metodisti e la base teologica del Patto d’integrazione (1975) è la cosiddetta Confessione di fede valdese del 1655.

La chiesa dei cristiani valdesi e metodisti è molto impegnata sul fronte ecumenico internazionale. Riconoscimenti di buon operato sono provenuti da più parti sociali. Lo stesso papa Francesco ha riconosciuto i valdesi come «religiosi di prim'ordine» (intervista su la Repubblica del 13-7-2014). Corrado Augias (su la Repubblica dell'1-4-2015) ricorda i “temi etici e teologici attuali sui quali i valdesi sono molto più avanti dei cattolici. Il sacerdozio femminile, il fine vita, l'omosessualità.”

La chiesa evangelica valdese raccoglie il 10% del protestantesimo italiano, ma ne costituisce la parte più «visibile» ed egemonica sul piano teologico e conoscitivo-culturale.

Notevole l'impegno sociale e culturale: la Facoltà valdese di Teologia (Roma), oggi al centro di una vasta rete di rapporti ecumenici, la casa editrice Claudiana (Torino), il settimanale Riforma, dal 1993 organo comune delle chiese battiste, metodiste e valdesi, il Centro culturale valdese di Torre Pellice, la Società di studi valdesi, il Centro ecumenico di Agape (Prali, nelle Valli valdesi); ma esistono numerose altre iniziative, tra cui segnaliamo il Collegio Valdese (liceo) di Torre Pellice oltre a case di riposo, centri di accoglienza, eccetera.




G. Bouchard, Chiese e movimenti evangelici del nostro tempo, Torino, Claudiana

M. Rubboli, I protestanti, Bologna, Il Mulino