Trinitariani o Unitariani?
Alla
voce trinitarismo, il vocabolario Treccani
riporta: Dottrina trinitaria, lo stesso che
triteismo. Unitariani sono invece coloro
che credono all'unicità dell'essenza e della persona
divina, e non in una divinità in tre persone distinte,
negando quindi la seconda deità di Cristo (ma
non la sua divinità) del quale è salvifico non il suo
sacrificio di sangue ma il suo messaggio. Accanto a
questa definizione, vi è l'Unitarianesimo (nome proprio)
inteso come movimento unitariano i cui inizi
risalgono al 16° secolo: gli Unitariani tradizionali
percepiscono Cristo come umano piuttosto che come una
deità, sostengono che Gesù è figlio di Dio,
come tutti gli esseri umani sono figli del Creatore, e in
questo si differenziano da Michele Serveto per il quale
Dio e Gesù sono la stessa identica persona. Gli Unitari
credono quindi nell'autorevolezza morale di Gesù i cui
insegnamenti erano divini ma non che fosse un altro dio.
L'Unitarianesimo è noto anche per il rifiuto di altre
credenze religiose occidentali: la natura umana nella sua
condizione attuale non è né intrinsecamente corrotta
né depravata (peccato originale); la bibbia è fallibile
poiché gli autori biblici, anche se ispirati da Dio,
erano esseri umani e quindi soggetti a errori umani; le
tradizionali dottrine della predestinazione, la
dannazione eterna, la teoria dell'espiazione e del
sacrificio vicario non sono valide perché calunniano il
carattere di Dio e velano la vera natura e la missione di
Gesù Cristo.
L'unitarianesimo riprende la concezione di Ario: per
questo motivo le professioni di fede luterane, calviniste,
anglicane, del XVI secolo, chiamano gli unitariani con il
termine «neoariani».
Comunità unitariane si formano verso la metà del 1500
in Transilvania e in Polonia; in quest'ultima, a Raków,
Fausto Socini crea un movimento unitariano, che verrà
chiamato «socinianesimo». Proprio in Transilvania, nel
1568, per la prima volta è usata la parola
«unitariano», che prevarrà sui sinonimi
«antitrinitario» e «sociniano». Fausto Socini fu
attivo a Raków, che fu per i sociniani ciò che Ginevra
fu per i calvinisti. Da Raków diffuse il De Jesu
Christo servatore (1594).
Lelio Socini (Siena 1525 - Zurigo 1562), zio di Fausto,
espose nei suoi scritti (pubblicati anonimi o pseudonimi)
una teologia che polemizzava contro ogni normativa
ecclesiastica, innanzitutto nel campo della fede, e che
faceva riferimento ai motivi filosofici dell'umanesimo
stoicizzante; inoltre, confutò il dogma trinitario, in
favore di una cristologia neoariana, e portò avanti una
concezione etica del cristianesimo, facendo da apripista
all'indifferentismo dogmatico e al principio della
tolleranza degli eretici.
Il socinianesimo ha la sua professione di fede nel Catechismo
di Raków (1605-09), compilato sulla base degli
scritti di Fausto Socini: dalla bibbia si trae la norma
di fede ma al di sopra della bibbia vi è il «sano
intelletto umano»; il significato della bibbia è dato
dal senso letterale; l'idea biblica di Dio è
caratterizzata da antropomorfismo; la deità di Gesù è
in contraddizione con la bibbia e con la ragione.
Ciononostante Gesù si distingue dagli altri uomini per
la nascita verginale, per la perfetta santità, per un
potere infusogli da Dio: per questi motivi è degno d'adorazione,
seppur d'ordine inferiore rispetto a quella da rivolgere
a Dio.
La cristologia chiamata sociniana si
riferisce anche all'assunto che Gesù Cristo iniziò la
sua vita quando nacque come essere umano: in altre parole,
l'insegnamento che Gesù pre-esisteva al suo corpo umano
è respinto.
Il socinianesimo si oppone alla dottrina del peccato
originale; la grazia divina non è necessaria per
raggiungere la vita eterna, dato che sono sufficienti le
forze etiche dell'uomo per osservare i comandamenti;
quindi vengono confutate la predestinazione e la
redenzione di Cristo.
I sacramenti sono semplici cerimonie: il battesimo non è
necessario per chi nasce in comunità cristiane; la cena
è solo una commemorazione della morte di Gesù. Sono
confutate la resurrezione della carne e l'eternità delle
pene infernali.
I sociniani furono perseguitati in Polonia dal 1627 al
1662; dopo il 1690 furono perseguitati anche in
Transilvania. Emigrarono in Olanda, e da qui partirono
per l'Inghilterra e l'America. Il biblista J. Biddle (1615-1662)
offrì all'unitarianesimo inglese la sua prima
formulazione teologica (Catechismo doppio, 1654).
La prima chiesa unitariana fu sbabilita a Londra da T.
Lindsey (1723-1808). J. Priestley (1733-1804) lavorò in
modo proficuo per lo sviluppo del movimento. La prima
società unitariana venne fondata nel 1791. Nel
Nordamerica, nel 1825 fu creata l'American Unitarian
Association. Il pensiero e l'etica unitariani furono
spiegati da pensatori quali W. E. Channing (1780-1840) e
R. W. Emerson (1803-1882). La dottrina fu diffusa anche
grazie all'aiuto notevole della Divinity School (scuola
teologica) della Harvard University.
Nel clima dell'Illuminismo, l'unitarianesimo sociniano
visse come un fermento razionalistico e diede il suo
impulso alla nascita del deismo. Divenne così movimento
etico-religioso, sostenitore della tolleranza religiosa,
razionalista, pacifista, favorevole alla repubblica, ed
ebbe un ruolo nella nascita del liberalismo anglosassone.
Tutt'oggi la presenza degli unitariani si ravvisa
soprattutto negli USA e in Gran Bretagna, con istituzioni
culturali ed ecclesiastiche di orientamento deistico,
caratterizzata dall'apertura verso una religiosità non-confessionale.
Il termine unitarianesimo a volte è usato
come sostantivo comune per descrivere qualsiasi
concezione di Gesù Cristo che nega la Trinità: in tal
caso s'intende un sistema antitrinitario di credenze non
necessariamente legato al movimento unitariano.
Fra i cristiani che negano la dottrina trinitaria, vi
sono i Testimoni di Geova.
Per ulteriori informazioni: en.wikipedia.org/wiki/Unitarianism
La dottrina dell'unitarianesimo
fu enucleata dal medico e filosofo Michele Serveto (De
Trinitatis Erroribus) che si attirò l'odio di
cattolici ed evangelici. All'epoca di Michele Serveto (nato
il 19 settembre 1511 e bruciato vivo sul rogo il 27
ottobre 1553), la Spagna tentava la cristianizzazione con
l'espulsione o con la costrizione alla conversione di
ebrei e islamici, per i quali era una bestemmia il
concetto di un Dio uno e trino. Michele Serveto condusse
uno studio approfondito della bibbia e di discipline
quali ebraico, greco, latino, filosofia, matematica, per
appurare se tale articolo di fede fosse essenziale o
coerente col cristianesimo. Fu così che scoprì che nel
Nuovo Testamento i termini «trinità», «persone» e homoousios,
«consustanziale», non esistono. Arrivò alla
conclusione che le tre persone sono tre modi
di un unico essere (modalismo o unitarianesimo modalista).
Quando a Bologna nel 1530 Serveto assistette all'incoronazione
di Carlo V, dinanzi alla pompa papale esclamò: «Oh la
più abbietta tra le bestie!».
Serveto nel 1531 si recò a Strasburgo e pubblicò il suo
De Trinitatis Erroribus, nel quale espose che la
dottrina della Trinità non ha non soltanto il sostegno
della bibbia ma neanche quello della ragione. Inoltre,
nell'eucaristia il pane e il vino restano tali e non si
trasformano, come erroneamente sostenuto dalla dogmatica
cattolica, nella carne e nel sangue di Gesù. Il
battesimo dei bambini è privo di senso: solo gli adulti
possono essere battezzati, come da adulto fu battezzato
Gesù. Dato che il battesimo rimette ogni precedente
peccato, è impossibile commettere prima del battesimo
peccati imperdonabili. La dottrina della predestinazione
viene confutata, in favore del merito delle buone opere.
Viene anche confutata la duplice natura di Gesù. Il
ragionamento filosofico conduce alla presenza di tre dei,
mentre secondo la teologia sia vetero che
neotestamentaria Dio è solo uno. Quindi Cristo è vero
Dio non perché è una delle tre persone bensì perché
è «totum divinitate plenum». Nemmeno lo Spirito Santo
è una terza persona divina ma è ispirazione divina:
«non rem aliquam separatam, sed Dei agitationem,
energiam quandam seu inspirationem virtutis Dei»;
«Extra hominem non dicitur proprie, nihil est, spiritus
sanctus», lo Spirito Santo non è niente fuori dell'uomo.
A proposito della Trinità, Serveto portò la
similitudine di Cerbero, il cane a tre teste dell'inferno.
La condanna dei cattolici e degli evangelici contro
Serveto fu violenta: Strasburgo espulse Serveto, il suo
libro fu dato alle fiamme e proibito a Strasburgo, in
Svizzera e in tutto l'impero. Il 24 maggio del 1532 il
Consiglio dell'Inquizione spagnola di Medina del Campo
inviò un ordine di comparizione e il 17 giugno l'Inquisizione
di Tolosa emise un ordine di cattura contro quaranta
persone sospettate di essere antitrinitarie; fra di loro
c'era Michele Serveto che si vide costretto a cambiare
nome in Michel de Villeneuve.
Si trasferì in Francia dove si dedicò alla medicina e
nel 1535 fece stampare un aggiornamento della Geografia
di Tolomeo in cui descrisse la Palestina come una terra
ben diversa da quella dove secondo l'Antico Testamento
scorrono latte e miele: le critiche non gli permisero di
scrivere la pagina nell'edizione del 1541. Serveto
interpretò le profezie messianiche come «tipi», e non
profezie, del Salvatore. Inoltre fu influenzato dalla
rinascita neoplatonica, probabilmente attraverso l'amico
umanista S. Champier: sottolineò l'energia vitale
presente in tutta la natura, identificandola con lo
spirito di Cristo.
Nel 1553 Serveto pubblicò clandestinamente il libro Christianismi
restitutio, in cui la Chiesa risulta un'istituzione
diabolica che si oppone alla figura di Cristo, oltre che
inutile giacché tutti gli uomini, anche i non cristiani,
possono giungere alla salvezza. Nel libro vi erano trenta
lettere spedite a Calvino. Una copia finì nelle mani di
J. Trie, un evangelico calvinista, che, tramite un cugino
cattolico di Lione, diede l'allarme per la presenza di un
eretico che avrebbe demolito il cristianesimo. Calvino,
che aveva le lettere e una copia della sua Istituzione
corredata dalle note ritenute oltraggiose di Serveto,
confermò. Calvino provava un odio per Michele Serveto al
punto tale che Calvino dichiarò che non avrebbe
tollerato veder uscire Serveto da Ginevra vivo. Calvino
fornì le prove all'Inquisizione contro Serveto. Sempre
Calvino fece denunciare Serveto al Consiglio municipale
con l'imputazione di eresia in modo da farlo incarcerare.
Michele Serveto scrisse una lettera ai Sindaci e al
Consiglio di Ginevra, le massime autorità, dicendo che
le divergenze in materia religiosa non costituivano
oggetto di punizione penale e supplicando la concessione
di un avvocato: l'avvocato non gli fu concesso e restò
in carcere malato e in condizioni disumane. Le autorità
cattoliche di Vienna, dal canto loro, richiesero al
Consiglio di Ginevra la consegna di Serveto perché esse
potessero eseguire la sentenza di morte contro di lui:
Serveto ovviamente si oppose. Calvino fu l'accusatore
ufficiale di Serveto: fu accusato di smentire Mosè
negando l'ispirazione dei profeti, di rifiutare il
pedobattesimo, di non credere alla dottrina della
Trinità. Serveto riconobbe gli ultimi due capi d'accusa,
che erano punibili con la morte. Scrisse anche una
lettera con la quale denunciava le false accuse mosse da
Calvino contro di lui, ma non fu ascoltato. Si difese con
ardore e dignità. I magistrati chiesero ai pastori delle
Chiese evangeliche di Basilea, Berna, Sciaffusa, Zurigo,
di pronunciarsi sulle questioni dottrinali rilevate da
Serveto: i pastori emisero un giudizio di condanna e
aizzarono i magistrati perché condannassero a morte
Serveto: «La santa provvidenza ora ha fornito l'occasione
adatta con la quale liberare voi stessi e noi da questo
terribile sospetto di malvagità» (Zurigo); Serveto
«supera tutti gli eretici precedenti» e contrasta
«Calvino, il più sincero servo di Dio», Serveto sia
curato ma se fosse incurabile si
usi la forza «con il potere conferitovi dal Signore
affinché non causi ulteriori guai alla Chiesa di
Cristo» (Basilea). L'evangelica Ginevra pronunciò la
sentenza di morte da eseguire tramite «rogo nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Serveto pregò
di essere ucciso con la spada: anche quella domanda fu
respinta. Legato, ancora vivo tra le fiamme Serveto
gridò: «Oh Cristo, Figlio di Dio eterno, abbi pietà di
me.»
In ambito metodista, Gaetano Conte era un pastore
unitariano (www.studivaldesi.org/dizionario/evan_det.php?evan_id=401):
«Durante
la sua permanenza negli Stati Uniti, entrò in contatto
con diverse comunità unitariane, rimanendo affascinato
dalla loro teologia. [...] A partire dal 1912 iniziò le
pubblicazioni di una serie di libretti a carattere
divulgativo intorno alle dottrine e alla storia dell'unitarianesimo,
intitolata Piccola Biblioteca di Studi Etico-Religiosi.
La collana comprendeva non solo opere di alcuni dei
maggiori autori unitariani statunitensi come Minot Judson
Savage e Charles William Wendte ma anche testi di
scrittori italiani del calibro di Ugo Della Seta e Angelo
Crespi.»
Un
lettore di Riforma, Giovanni Verbena, in una
lettera pubblicata sul n. 8 di Riforma del 2010
scriveva:
«Ora,
nel Nuovo Testamento ci sono è vero
formule trinitarie con la menzione esplicita del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo, ma non vi si legge una
sola parola a favore dellunità delle tre persone
menzionate: manca insomma laffermazione che
queste tre «persone» costituiscono ununità. E
nessuno finora è riuscito a spiegarmi questa figura di
tre in uno o uno in tre.
La mia domanda è questa: può essere cristiano a pieno
titolo chi non abbraccia la confessione di fede
trinitaria? Non è forse vero che nel primo periodo del
cristianesimo questo problema non sussisteva?»
Paolo
Ricca rispose al lettore:
«Il
problema sussisteva, eccome! È esistito fin dagli albori
del cristianesimo. Il problema era: come accordare la
divinità di Gesù, creduta e confessata dai cristiani,
con la divinità dellunico Dio della fede ebraica?
[...] Il dogma trinitario venne imposto a tutta la
cristianità come legge statale dallimperatore
Teodosio con un editto del 28 febbraio 380 ... Così, da
quellanno, non credere nella Trinità divenne non
solo una posizione eterodossa, ma un crimine politico di
prima grandezza, punito con la pena di morte. Negare la
Trinità equivaleva a negare proprio il Dio cristiano, la
cui tipica fisionomia trinitaria lo differenziava
nettamente dal monoteismo ebraico e, a partire dal VII
secolo, da quello musulmano.
Nella chiesa antica e in quella medievale il dogma
trinitario non sembra essere stato messo seriamente in
discussione, tranne che da alcuni mistici presso i quali
la Trinità resta in ombra, pur senza essere negata. Lo
fu invece apertamente nel Cinquecento da una folta
schiera di «antitrinitari» (un nome per tutti: Michele
Serveto, bruciato a Ginevra nel 1553); molti erano
italiani, e tra questi i senesi Lelio e Fausto Socini (o
Sozzini) che, in Polonia, diedero vita a una vera e
propria Chiesa Unitariana, ma, dopo una fioritura durata
alcuni decenni, dovettero soccombere al potere dei
gesuiti, che nel 1658 ne ottennero lespulsione.
Benché perseguitato, il «socinianesimo» si diffuse,
come diaspora, in vari paesi dEuropa e negli Stati
Uniti, dove esiste tuttora una Chiesa Unitariana, che nel
1961 sè unita alla «Chiesa Universalista dAmerica»
dando vita a una «Associazione Unitaria Universalista»
che conta circa 200.000 membri.
[...] È un fatto che la dottrina della Trinità non si
ritrova tale e quale nella Sacra Scrittura. La parola
«trinità» nella Bibbia non cè. Il primo teologo
cristiano che lha adoperata, anzi a quanto
pare creata è Tertulliano (ca. 155 ca. 225).
Ma soprattutto, la categoria-chiave della dottrina
trinitaria, cioè «sostanza» (il Figlio e lo Spirito
sono dichiarati «della stessa sostanza» del Padre), non
è una categoria biblica.
Quanto allaltra categoria ricorrente quando si
parla di Trinità, e cioè «persona» («un Dio in tre
persone»), è fuorviante perché ha oggi un significato
ben diverso da quello che aveva nel IV secolo. Allora
significava la maschera che lattore portava sul
volto per interpretare un personaggio. Oggi invece
significa un individuo, un soggetto unico e irriducibile
ad altro. Perciò, dire oggi «un Dio in tre persone» fa
pensare a tre divinità, una accanto allaltra,
introducendo così una forma larvata di politeismo.
Questa infatti fu una delle accuse rivolte al
cristianesimo da illustri pensatori pagani: di avere, con
la dottrina trinitaria, fatto rientrare dalla finestra
quel politeismo che aveva cacciato dalla porta. Perciò
la teologia tende oggi, a proposito di Trinità, a
sostituire il termine «persona» con «modi di essere».
Concludo dicendo che il linguaggio tradizionale della
dottrina trinitaria lascia effettivamente a desiderare e
dovrebbe essere ripensato; il suo contenuto però è
assolutamente conforme al messaggio cristiano. La
dottrina trinitaria è biblica nella sostanza, se non
nella forma, anzi è il modo migliore, a mio giudizio, di
rendere conto e confessare il Dio della rivelazione
ebraico-cristiana nella sua inconfondibile originalità.
Al secondo quesito se sia o non sia possibile
essere cristiani se non si crede nella Trinità
risponderei tendenzialmente di no. Non vorrei
però ridurre lessere o il non essere cristiano allaccettazione
o meno di una dottrina, sia pure centrale come quella
trinitaria. Perciò sospendo la risposta...
[...] I cristiani si riconoscono dai frutti più che
dalle dottrine. Non saremo giudicati sulla base delle
dottrine, ma su quella della fede e delle opere. Concludo
dicendo che la fede cristiana è trinitaria, ma che, come
insegna Matteo (25, 31-46), si può fare la volontà di
Dio anche senza credere nella Trinità.»
Paolo
Ricca, nel suo libro Dal battesimo allo sbattezzo
(Claudiana, 2015), evidenzia la professione di fede
contenuta nell'originaria formula battesimale:
«[p.13]
l'ordine di battezzare non risale (secondo la
testimonianza evangelica più antica) al Gesù storico,
bensì al Gesù risorto (Mt. 28,19). Il contenuto dell'ordine
e, in particolare, la formula battesimale già trinitaria
e l'orizzonte universale della missione, inducono a
pensare che l'ordine stesso sia una creazione della
primissima comunità cristiana, che non ha esitato ad
attribuirlo a Gesù...
[p.49] L'evangelista Marco, o meglio un suo redattore (dato
che Mc. 16,9-19 è un'aggiunta posteriore), riproduce
semplicemente l'ordine di battezzare da parte di Gesù,
senza precisare in quale nome (16,16). [...] Sarebbe senz'altro
auspicabile che la formula battesimale «nel nome di
Gesù» - dopo un'eclisse di duemila anni! - torni a
essere utilizzata nelle chiese, non solo perché è la
formula cristiana originaria, ma anche perché esprime il
senso del battesimo forse meglio della formula trinitaria.
[p.51] Ma qual era la confessione di fede richiesta per
il battesimo? All'origine era una confessione di fede non
ancora articolata in senso trinitario, ma circoscritta
alla persona di Gesù, riconosciuto come Figlio di Dio.
[...] «Io credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio» (Atti
8,37; la stessa confessione di fede ricorre anche in Giov.
9,35-38, e in altri testi).»
Il
pastore valdese Alessandro Esposito prese spunto da
questo dialogo per condurre delle riflessioni pubblicate
su Riforma n. 10 del 2010:
«Ho
letto con grande interesse e profitto la risposta che il
professor Ricca ha fornito agli interrogativi del signor
Giovanni Verbena circa lannosa e complessa questione
trinitaria (cfr. Riforma n. 8 del 26 febbraio).
Vorrei soffermarmi sui contenuti di tale intervento,
sottolineandone gli aspetti indubbiamente apprezzabili
così come le affermazioni che credo possano essere
ritenute opinabili. Anzitutto, dunque, le considerazioni
positive circa la consueta ponderatezza e profondità con
cui il professor Ricca affronta largomento.
La genesi del dogma
In primo luogo, il professor Ricca ripercorre con estrema
capacità di sintesi e onestà intellettuale la genesi
storica del dogma trinitario, rimarcando senza
tentennamenti il fatto che esso «venne imposto (...)
come legge statale dallimperatore». Per quanto,
difatti, la disputa sia da considerare di natura
teologica, la sua soluzione contemplò anche aspetti
sociopolitici: al punto che, come opportunamente
ricorda Ricca, «non credere nella trinità divenne non
solo una posizione eterodossa, ma un crimine politico».
Credo si tratti di una sottolineatura fondamentale al
fine di evitare impropri riferimenti alla verità
stabilita dal dogma: parola, questa, che sarebbe
opportuno utilizzare con più cautela, dal momento che le
decisioni dei primi concili determinarono laffermazione
di uninterpretazione delle Scritture rispetto ad
altre, non la sua incontestabile veridicità.
Un linguaggio da ripensare
In seconda istanza, il professor Ricca riconosce con
schiettezza la necessità che «il linguaggio
tradizionale della dottrina trinitaria (...) [venga]
ripensato», tenendo in debito conto il fatto che «il
suo contenuto, però, è assolutamente conforme al
messaggio cristiano». Si tratta, in entrambe i casi, di
affermazioni del tutto condivisibili: a patto che la
conformità della dottrina trinitaria al messaggio
neotestamentario non si traduca in una piena coincidenza
che rivendica assolutezza.
Con lumiltà che lo contraddistingue, poi, il
professor Ricca afferma che, pur essendo personalmente
dellidea che non sia possibile dirsi cristiani
senza credere nella trinità, non intende comunque
«ridurre lessere o il non essere cristiano allaccettazione
o meno di una dottrina», giacché, come dice più avanti,
«i cristiani si riconoscono dai frutti più che dalle
dottrine». Trovo che questo sia un atteggiamento che,
più di ogni altro, consente il dialogo, accoglie il
dissenso quandesso si riveli argomentato ed evita
lo sterile arroccamento su posizioni contrapposte.
Vengo dunque ai punti che, a mio giudizio, potrebbero
essere più attentamente discussi e approfonditi.
Lalba del cristianesimo
Che il problema della divinità di Gesù (non ancora la
sua articolazione nella dottrina trinitaria), come
sostiene il professor Ricca, sia stato sollevato sin dallinizio
della storia del cristianesimo, è senzaltro vero:
questo rende necessario che non si trascuri la sua natura,
per lappunto, problematica. Ovverosia: è palese
che, trattandosi di una vexata quaestio, di una
questione controversa, la quale richiese addirittura la
convocazione di diversi concili atti a dirimerla, il
dubbio sussisteva. E sussisteva, chiaramente, in seno al
cristianesimo primitivo, non al di fuori di esso. Ragion
per cui sembra lecito supporre che almeno una parte del
cristianesimo delle origini, in conformità alle sue
radici ebraiche, non confessò Gesù come Dio. Questa
posizione, inizialmente legittima, fu dichiarata
eterodossa soltanto in seguito, giacché lortodossia
venne configurandosi e definendosi progressivamente, nellevolversi
di un processo articolato, spesso conflittuale e, in ogni
caso, tuttaltro che lineare. Pertanto risulta
plausibile immaginare che, originariamente, vi fu una
parte del movimento cristiano che non riconobbe la
divinità di Gesù: non, almeno, nei termini stabiliti,
successivamente, dai consessi conciliari, le cui
decisioni, come abbiamo accennato, non furono determinate
da ragioni esclusivamente teologiche.
Confessare Gesù come Dio?
Ecco perché ritengo, a differenza di quanto sostiene il
professor Ricca, che sia possibile dirsi cristiani anche
astenendosi dallo sposare senza riserve la prospettiva
trinitaria, così come essa è stata formulata e
codificata nellarco dei primi concili. Pur essendo
pienamente daccordo circa il fatto che sia
«fondamentale che il Dio creduto e confessato dai
cristiani sia quello rivelato da Gesù», sono altresì
persuaso che ciò non significhi, necessariamente,
confessare Gesù come Dio. Al fine di chiarire tale
affermazione, lascio che a prestarmi le parole sia il
teologo cattolico salvadoregno Jon Sobrino, di recente
sollevato dallincarico di docente di Teologia
sistematica proprio a motivo delle sue affermazioni
cristologiche, giudicate non conformi allortodossia:
«Bisogna considerare seriamente sostiene Sobrino
il fatto che Gesù è il Figlio e non il Padre» [da:
J. Sobrino, Cristologia desde America Latina, México,
1977, p. 296 traduzione mia].
I due Testamenti
Vengo così allultimo rilievo critico: credo che
sia piuttosto discutibile sostenere, come fa il professor
Ricca, che «la natura trinitaria di Dio non traspare
solo dalle pagine del Nuovo Testamento, ma anche da
quelle dellAntico». Ritengo che si tratti di una
tesi piuttosto forzata, che rischia per alcuni versi di
compromettere lauspicabile educazione, in ambito
cristiano, a una sensibilità progressivamente più
attenta allinterpretazione ebraica delle pagine
veterotestamentarie. Forse potrebbe rivelarsi più
opportuno cogliere in tutte le Scritture il carattere
eminentemente relazionale dellunico Dio: ciò che
consentirebbe, credo, di evitare lappiattimento
identitario proprio di una certa lettura del dogma
trinitario, secondo la quale confessare che Gesù è il
figlio di Dio (Mc 1, 1) coincide con laffermare che
egli sia il Dio-figlio.»
Franco
Rizzo, appreso del dibattito, scrisse un articolo
pubblicato su Riforma n. 17 del 2010:
«I
documenti originali del cristianesimo primitivo che
contrastano lipotesi trinitaria esistono e sono le
Sacre Scritture medesime. A una condizione: quella di non
anteporre i passi di significato oscuro per spiegare
quelli chiari. Basta leggere I Corinzi 8, 5.6; 11, 3; 15,
28; Giovanni 17, 3; Apocalisse 3, 12, eccetera. È molto
sospetto che, vista la successiva, violenta controversia
ariana, non ci sia giunto nessun testo antitrinitario dei
tempi immediatamente successivi agli apostoli.
Distruggere libri invisi deve essere stato uno sport
assai antico.
[...] In conclusione direi che divinità di Cristo e
dogma trinitario sono due concetti ben diversi e che, per
questa ragione, si può essere cristiani senza credere
nella Trinità.»
Nella
discussione intervenne anche il cattolico e filosofo
siciliano Augusto Cavadi (Riforma n. 23 del 2010):
«Devo
subito dichiarare la mia ammirazione per il tono davvero
alto e civile della discussione: provengo dal mondo
cattolico e, in anni passati (quando la censura vaticana
non era così occhiuta da estirpare alla radice ogni
controversia teologica), ho assistito a scambi di
opinioni sul medesimo tema molto meno sereni e rispettosi.
Con animus altrettanto costruttivo, rispetto agli
illustri interlocutori che mi hanno preceduto, mi
sembrerebbe opportuno evidenziare che gli interrogativi
sollevati da Esposito sul modo di intendere la natura
divina di Gesù e, conseguentemente, il suo rapporto con
il Padre e con lo Spirito non sono in alcun modo
catalogabili come dubbi privati o supposizioni
individuali. Basta leggere testi, tutto sommato,
divulgativi come Cristianesimo di Hans Küng per
apprendere come il dibattito intra-ecclesiale su queste
tematiche sia stato assai vivo nelle chiese del primo
millennio e che nessuna definizione dogmatica è riuscita
a spegnerlo del tutto neppure nel secondo millennio.
[...] Quando si citano brani biblici, a favore o contro
una determinata tesi teologica, non lo si può fare con lingenuità
esegetica con cui lo facevamo sino a trenta o quaranta
anni fa: sappiamo in maniera incontrovertibile che, per
fortuna o per sfortuna, quando il Gesù dei vangeli
soprattutto il Gesù di Giovanni afferma
qualcosa di sé e del suo mistero, stiamo ascoltando non
gli ipsissima verba (proprio le stesse parole)
del Cristo, bensì la loro traduzione: non
solo dallaramaico al greco, ma quel che più
conta da un registro linguistico giudaico a un
registro linguistico ellenistico (in cui i
condizionamenti culturali della metafisica classica e
dello gnosticismo sono incisivamente operanti).»
Questi
e altri testi della discussione avvenuta su Riforma sono
stati pubblicati su Il Dialogo dal direttore
Giovanni Sarubbi. Il Dialogo è un giornale on-line
nella cui presentazione si legge:
«Siamo
un periodico di ispirazione cristiana. [...] Ci occupiamo
di tutto ciò che attiene alle persone in difficoltà, ai
carcerati, ai migranti.
[...] Per noi la Bibbia è strumento di preghiera e di
ricerca di Dio.
Per noi la Bibbia non contiene "la verità assoluta"
già pronta all'uso, da applicare semplicemente senza
alcuno sforzo interpretativo. Non la usiamo come clava da
sbattere in testa a chicchessia. Per noi essa contiene le
testimonianze di vita delle comunità o dei singoli
autori che hanno redatto i singoli testi. E come tutte le
testimonianza essa contiene cose giuste e cose sbagliate
che vanno interpretate.
Ma oltre alla Bibbia sono per noi fonte di ispirazione
anche i testi delle altre grandi religioni mondiali.
Cerchiamo di essere cristiani soprattutto con la
testimonianza della nostra vita quotidiana piuttosto che
con vuoti proclami o dichiarando di possedere la verità.
[...] Sul nostro sito dedichiamo ampio spazio al dialogo
interreligioso, alle grandi questioni che dividono il
mondo cristiano, al dialogo con lebraismo, lIslam
e le altre religioni.»
Giovanni
Sarubbi, il 27 agosto 2010 su www.ildialogo.org/editoriali/direttore_1282916869.htm, nel presentare questo
dibattito sulla Trinità, antepose delle note, che sono
in parte qui riportate:
«Se
come insegna levangelo di Gesù, lalbero si
riconosce dai frutti, allora la dottrina trinitaria è
sicuramente un albero maligno, visti tutti i morti gli
scannamenti e le divisioni feroci che essa ha provocato
nel corso dei secoli. [...] Il pastore Esposito, che è
pastore Valdese di Trapani e Marsala, non interviene a
caso nel dibattito. Allincirca due anni fa, durante
una serie di incontri di studio biblico illustrò alla
sua comunità le difficoltà di elaborazione del dogma
trinitario e le varie discussioni sulla divinità di
Cristo sviluppatesi nei primi secoli e come la
definizione trinitaria del credo niceno non
sia un dogma assoluto che non possa essere riveduto. Dopo
la pubblicazione di tali studi sul sito della chiesa
Valdese di Trapani e Marsala (www.chiesavaldesetrapani.com), il pastore Esposito fu
accusato di negare la trinità e la divinità di Gesù da
alcuni esponenti di chiese pentecostali locali, che hanno
montato sul caso una vera e propria bagarre in perfetto
stile inquisizione. Tutto sarebbe finito lì ed
archiviato come un rigurgito di fondamentalismo ma la
questione non è così semplice. La Chiesa Valdese ha da
tempo aperto un confronto con una serie di Chiese
Pentecostali proprio in Sicilia e per tali chiese il
dogma trinitario e la divinità di Gesù costituiscono un
elemento fondamentale delle proprie credenze.
[...] Per concludere queste nostre note vorremmo
riportare la discussione sul piano più propriamente
teologico ponendo una domanda che è la seguente: il
fatto che una serie di cristologie presenti nei Vangeli
da un certo punto in poi della vita delle chiese siano
state considerate eretiche per effetto della
trasformazione della via di Gesù in una
religione di Stato, rende quelle cristologie indegne di
essere riproposte o indagate, visto anche il fallimento,
in termini di frutti concreti, dellunica
cristologia trionfante intrisa di potere e di sangue?
Credo sia questa la domanda cui tutto il dibattito sulla
trinità che di seguito riportiamo non da alcuna risposta.
Dibattito che si conclude con lennesima scomunica,
seppure velata, di quanti sostengono quelle cristologie
pur presenti negli stessi evangeli canonici che vanno
interpretati e non presi alla lettera, come hanno
rilevato nel dibattito gli interventi di Rizzo e Cavadi.
Ma sulla questione trinità ci permettiamo di aggiungere
un ulteriore elemento di riflessione a favore della sua
archiviazione fra le dottrine che hanno fatto il loro
tempo e non più proponibili alle nuove generazioni.
[...] È accettabile una Trinità come
stimolo alla investigazione, è inaccettabile una Trinità
come dogma di fede. Una fede che si nutre di dogmi
è arida, limitata, assolutamente incapace di descrivere
linfinito con cui ogni giorno dobbiamo fare i conti
magari semplicemente volgendo gli occhi al cielo, meglio
ancora se muniti di telescopio.»
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